Innanzitutto, la scuola napoletana nasce in una città capitale dell’eleganza maschile e pioniera di uno stile di vita che verrà poi esportato a Parigi e Roma.
Erano i tempi in cui il capoluogo partenopeo era teatro di incontro tra il gusto dei gentlemen inglesi in vacanza e la tramandata e radicata capacità artigianale dei suoi abitanti.
È proprio in questo contesto che si forgia quello stile che troverà espressione nella giacca napoletana, per anni unica rivale di quella inglese. La prima svuotata, morbida e rilassata, in barba alla rigidità geometrica della cugina anglosassone, figlia del mondo militare.
Per quanto riguarda le giacche, Vincenzo Attolini è unanimemente considerato il padre della scuola napoletana. A quanto pare, infatti, sarebbe stato il primo a cucire giacche leggere come camicie e senza spalline.
Altri nomi celebri e storici sono Blasi e Rubinacci, che hanno fatto da nave scuola per tanti artigiani che successivamente si sono messi in proprio. Alcuni di questi grandi nomi oggi sono ancora sul mercato, altri hanno optato per la trasformazione in azienda, perdendo la poesia del vero “bespoke”.
Quanto a questo oscuro termine ereditato dalla “perfida Albione”, è bene specificare che traduce il nostro “fatto su ordinazione”, “sartoriale”. Indica l’attività di un sarto che realizza un abito per un cliente, interamente a mano, iniziando dal taglio del tessuto.
Come specificato nel nostro articolo dedicato alla differenza fra bespoke, su misura e in taglia, il vero bespoke implica che ogni cliente abbia un suo cartamodello, creato dal sarto dopo aver preso le misure per la prima volta.
Veniamo, infine, alle caratteristiche peculiari della giacca tradizionale e sartoriale napoletana.
- La giacca tipica napoletana è monopetto, a “tre bottoni stirata a due”, ovvero sono presenti tre bottoni, ma solo due sono utilizzabili essendo il primo in alto nascosto nel revers. Di conseguenza solo il bottone centrale sarà allacciato;
- Ha un collo alto e presenta spacchi laterali profondi;
- In genere, la manica è a mappina, caratterizzata da piccole pieghe all’altezza della cucitura con la spalla. La stessa lavorazione a mappina si può riscontrare anche sulle maniche e sui polsini delle camicie sartoriali napoletane;
- La tasca applicata, è detta “a pignata”, chiamata così per la sua forma peculiare, simile a quella di una pentola;
- La tela all’interno è leggera, la fodera è a metà o del tutto assente;
- La ripresa (pence) sul davanti si fa fino al fondo;
- Il taschino in petto è a barchetta;
- I bottoni sulla manica sono uno per il blazer sportivo, due distanziati per l’abito.
In definitiva, l’abito sartoriale napoletano nasce “col difetto”, non essendo perfetto come l’abito di confezione, che deve andar bene a tutti.
Segue le forme del cliente, esaltandone i pregi e nascondendo eventuali difetti fisici. E’ questo il cosiddetto “fascino dell’imperfezione”.